Quanto c’è di Namita in questo libro?
Io sono il narratore, sono come il navigatore, guardo il mondo con i miei occhi per renderlo più accessibile e più comprensibile agli altri.
Dhondutai cerca la perfezione, ma Namita?
Il difetto più grande di Dhondutai è proprio la ricerca della perfezione. Il mondo non è perfetto, va bene così e ognuno si deve impegnare per dare il suo contributo. E’ importante riconoscere il ruolo di ciascuno, non tutti possono essere delle super star poiché per crearne una ci vuole il contributo di altre persone che lavorino attorno a lei. Vorrei portare un piccolo esempio del libro: quando il maestro si è ammalato lo zio di Dhondutai lo ha curato e tenuto in vita per altri cinque anni. Il tempo necessario alla preparazione di Dhondutai nel mondo della musica classica. Quindi credo che bisogna essere grati del contributo di ciascuno.
Cosa ti ha spinta a scrivere questo libro?
La possibilità di svelare al mondo aneddoti , segreti, leggende, virtuosismi raccolti in tutta la loro intensità nell’anonimo sacrificio per un’arte sconosciuta. Ho inteso veicolare due valori molto importanti quello del sacrificio e dell’arte in un anonimo esempio.